Inizio in piena primavera, la mia stagione, dove tutto
risorge, dove ci si scrolla di dosso un pò di polvere, ci si sistema i capelli
e le ossa sembrano meno rigide.
Con il sole caldo esco da lavoro venerdì 23 marzo, direzione
Catania.
Un week-end nuovo, che spezza la routine, come la nuova primavera.
Nessuno sa cosa ci presenta il minuto successivo, quello dopo
e quello dopo ancora.
Ci aspettavano in albergo Hiroharu e Hide.
Non sapevo bene
chi erano, che viso avessero (se non in foto) che gesti gli appartenevano, ma
ero andata per scoprirlo.
Hiro è un amico di facebook, strano dire amico di facebook, ai miei tempi si diceva “amici di penna”.
Arrivata all’albergo loro erano in stanza e bussai.
Mi aprì Hiro e dopo esserci salutati con un sonoro “ciao” ci
abbracciammo, non pensavo che i giapponesi fossero così propensi, come noi italiani, al
contatto fisico.
Dietro di lui c’era Hide, che non sapeva una parola di
italiano e nemmeno di inglese, che con la mano salutava e faceva piccoli inchini
mentre l’altra mano era impegnata, perché aveva una conversazione con sua madre
al telefonino.
Eravamo lì in piedi davanti a noi e Hiro subito ci diede un regalino, come
di benvenuto, un pensierino tutto giapponese, molto manga.
Hide nel frattempo
finì la sua conversazione e mi consegnò dei fogli con lo shodo che aveva
preparato per me qualche sera prima.Stupendi, felicissima, corsi nella mia
stanza a prendere i regali che avevo preparato per loro e scartandoli ci fu una
continua ovazione.
Tutto ciò che a loro piace è seguito da un “UOOOO” e mi
riempì di gioia vedere che il libro illustrato che gli avevo regalato era pieno
di UOO, così come Hide che mi ringraziò per il suo regalo.
Era l’ora di cena e andammo in una trattoria tipica di
Catania a mangiare pesce perché Hide ne aveva voglia e accontentammo la
richiesta.
Mangiarono tutto con gusto, durante la cena su un taccuino
facemmo scrivere nomi in kanji e li vedevamo concentrati nella scelta giusta
degli ideogrammi.
Io feci vedere i miei miseri hiragana e loro mi
applaudivano, ma mica c’è molto da applaudire pensai, dato che sapere gli
hiragana è solo un micro passo dal sapere la loro lingua, però mi fecero
contenta.
Dopo un giro in centro, piazza università, l’elefante
simbolo di Catania, la cattedrale di Sant’Agata, qualche racconto di Catania e
un selz mandarinetto per Hiro ed uno alla fragola per Hide, si fece notte e
andammo a dormire per prepararci al giorno seguente.
Sabato mattina, colazione in albergo insieme e poi in auto verso Siracusa /
Ortigia .
Io non c’ero mai stata e contenta di scoprire con loro cose nuove.

Visitammo i resti archeologici con il famoso teatro greco
dove ogni estate vengono rappresentate magicamente le tragedie greche senza
l’utilizzo di amplificatori, perché i greci erano avanti coi tempi, calcolarono
tutto per un acustica perfetta.
Foto foto foto risate e UOOO.
Fotografai due ramarri bellissimi ( io adoro scovare
mostriciattoli liberi di stare nel loro habitat).
Ci fu anche un pò di Giappone in questo luogo, dissi
sorridendo, una piccola piantagione di bambù e un mandorlo in fiore!
Ci divertimmo a fare l’eco nell’orecchio di Dionisio,
regalai ad ognuno una collanina, fatte con la lava dell’Etna, il monte Fuji italiano.
Un giro ad Ortigia, le bancarelle di “semenza”, la piazza
bianca, il mare, l’oca che sosta nel parchetto, le arancine.

Finita la gita dovevamo rientrare in albergo.
Ci aspettava il concerto di Giorgia ad Acireale.
La mia cantante preferita l’avrei rivista, riascoltata e
avrei portato anche un po’ di Giappone nella mia passione che volevo di più?
Il di più arrivò.
Da premettere che venerdì in pausa pranzo, mentre preparavo le valigie, preparai anche uno striscione da tirar fuori durante il concerto sul
quale c’era scritto: “from Japan for you, please a photo with you! ”.
Arrivati nel parterre ci sedemmo, poi una volta iniziato il
concerto era difficile restare sulle sedie.

Hiro e Hide
ascoltavano e guardavano felici ed io contenta che gli piaceva tutto questo.
Il fato volle che
prima che Giorgia finisse il concerto per tutta una serie di cose, difficili da
spiegare qui, ci vorrebbe la mimica, finalmente si accorge di noi con il nostro cartellone, del nostro
baccano e mentre parlava al microfono lesse il cartellone e disse: ”ma dal
Giappone ppè davero?” , noi ci fiondammo sotto al palco in un nanosecondo e
riuscimmo ad avere oltre che l’attenzione di Giorgia (che interruppe per noi il
concerto) anche quello di tutto il palazzetto, riuscimmo a toccarla, fare
fotografia e ringraziarla.
Rimasi stordita, incredula, elettrizzata e incredibilmente
felice di tutto questo insieme di cose che capitano troppo raramente.
Per tutta sera a parlare di questa cosa, andare a cenare con
i fantastici pizzoli e raccontare altre cose sull’Italia, sui siciliani, sui
giapponesi, su usanze, feste e modi di dire.
Altri amici si univano al gruppo altre domande, altre curiosità
si sommavano a quelle già fatte.
Ultimo giorno dei nostri nuovi amici Giapponesi a Taormina.
Taeatro greco, stradine medievali, chiese, foto foto foto UOO UOO.
Hide aveva imparato Grazie – Ciao – Pancia piena – Buono –
Ho capito.
Il must era scherzare con lui su una onomatopea giapponese,
abeshi!
Hiro toccava Hide e Hide faceva
finta di esplodere, esclamandola ogni volta e noi ridevamo un casino.
Regalai un mio disegno ad ognuno che scelsero dalla
moleskine che porto sempre con me.
Mangiammo la famosa granita che solo qui in Sicilia esiste
fatta così. Poi un'altra nel tardo pomeriggio.
Ultima tappa i faraglioni di Acitrezza e poi diretti a
Catania mentre in auto Hiro raccontava, sotto nostre mille domande, che il
cognome dei figli in Giappone non è solo del padre, ma può essere anche della
madre.
Arrivammo alle 20
in stazione a Catania e arrivò il momento del saluto.
Tanti abbracci, tante volte ciao, grazie, a presto, ci
sentiamo, e Hide, con la sua infinita tenerezza e a volte imbarazzo rispetto a Hiro, mi prese le mani giunte nelle sue e mi salutò con l’inchino che io ricambiai
con naturalezza.
La mia primavera è iniziata nel migliore dei modi.
Non avevo aspettative e ho preso tutto come capitava, era
già scritto? non lo so.
Adoro la semplicità, adoro piccoli gesti, poche parole.
Adoro momenti indimenticabili creati da situazioni che per
molti possono non sembrare per nulla importanti o particolari, c’è chi per star
bene deve sballarsi o fare scorrettezze, per me lo sballo è una carezza, un
inchino timido di Hide, Giorgia che mi ringrazia, i miei amici che mi stanno
vicini, le risate senza senso e miliardi di altre sensazioni così dettate solo dal caso in
piena naturalezza.
Arigatou.