sabato, settembre 29, 2012

FAME DI UN SOLO LUOGO

Sono AFFAMATA di Giappone.

Non posso farci nulla, è così. Punto.


Mal di Giappone dicono, ne sento parlare, lo leggo in giro, ma io lo provo davvero e manco ci sono stata. Ho sensazioni forti, ho andrenalina come se ogni giorno fossi con le valigie, pronta per partire.
Sogno ad occhi aperti e mi circondo di cose che possono ricordarmi l'idea che ho del Giappone.

Me la prendo se qualcuno mi sorpassa, ci resto male se chi ci va al posto mio, non lo ama davvero ma ci va tanto per...

Non aspetto altro, a volte non aspetto nemmeno me stessa.

Vado a fluttuare.




lunedì, luglio 09, 2012

QUASI UN ANNO, UN VIAGGIO

Ritrovo nel mio cellulare fotine fatte durante un mio viaggio in treno. Io amo i viaggi in treno, forse per il fatto che odio l'aereo e che quindi non ho alternative, ma forse no, mi piace perché si vedono tanti particolari o perlomeno io li noto.
Sono un'osservatrice sì, sono quella da dietro le quinte, non la prima donna dello spettacolo.
Osservo e i viaggi lunghi in treno quelli che faccio io, da milleduecento chilometri che vanno dalla Sicilia all' Emilia Romagna, ti permettono questo.

Le stazioni di sosta, breve o lunga che sia, fa si che io possa rivolgere, da dietro al finestrino, sguardi sui saluti, quelli di unione e quelli di addii o semplicemente "arrivederci alla settimana prossima".
Si vedono lacrime, risate, bambini con le mamme indaffarate e trasportare tutto,abbracci oh sì tanti abbracci e a me piacciono gli abbracci.

Che belle le stazioni, che bella la gente.

Nei viaggi entri nel viaggio di tutti gli altri. Ci sono le persone più disparate, ricchi, poveri, trasandati, curati, giovani, anziani, italiani, stranieri.
Cerchi di riconoscere accenti, pronunce, lingue.
Capire da alcuni discorsi dove si va, dove si sta tornando e a volte anche perché.
Studenti, lavoratori, mamme che raggiungono figli.

Poi fotografie, per immortalare il viaggio, dove mi sono sempre chiesta in quante foto faccia parte della "comparsa per sbaglio" e dove  mi piace immaginare di essere presente in qualche album di famiglie giapponesi, inglesi, australiane o conterranee.

Sono a lavoro e non posso scrivere di più. Lascio solo le foto che hanno scaturito la voglia di farmi scrivere un pensiero che ho sempre avuto riguardo le stazioni. 


Io vivo il viaggio e gli spostamenti riempiendomi di quello che mi circonda.

mercoledì, maggio 09, 2012

HOME SWEET HOME


E tutto inizia il sabato sera, direzione Catania, in agitazione per il viaggio che il mattino seguente mi attendeva, come ogni viaggio io mi agito, divento scema, esce fuori il lato superstizioso che non ho mai nella quotidianità, quando parto sì, credo a tutte le leggende metropolitane di catastrofi varie e chiaramente la protagonista sono io.

Passata la fase ansiosa, si va in stazione. Aspettavo di tornare nella mia Emilia da 8 mesi, e il treno : CANCELLATO.
Ecco le FS italiane , ecco le mie brutte parole che stavano per uscire, all’ufficio informazioni gente accalcata una sull’altra, sembrava una gara a premi per chi riusciva a farsi rispondere prima di un altro, dire gente agitata è poco.
La signora incompetente che credeva di sapere tutto, ma alla fine non sapeva nulla.
Io e la mia amica troviamo, senza l’aiuto dei dipendenti ferroviari ed in particolare questa signora, una soluzione secondaria: fuggire verso Messina.
Anche l’Etna sbuffava.

Soluzione trovata, attendo il mio treno alle 14:09 anziché partire alle 8.43, ma poco importa.
La traversata più bella tra i miei vari viaggi. Di solito non amo il traghetto ma quel giorno ero raggiante e piena di nuovo che mi attendeva.
Il mare piattissimo, sole caldo e la Sicilia e la Sardegna che si salutano, come ogni giorno.
Aiutai un gruppo di turisti tedeschi di mezz’età e soddisfatta attesi in stazione il mio eurostar.
In orario stavolta.
Io adoro i viaggi in treno.
Mi perdo nel movimento delle cose visibili dal finestrino. Tutta la costa tirrenica, tutto il mare calabro, il Vesuvio, la stazione con la Feltrinelli di Napoli, la moltitudine di  persone, ognuno con la  sua storia, e chissà quante di queste storie si incrociano o incroceranno in futuro.
Vedere come camminano, come parlano, come gesticolano, da dove arrivano e dove vanno, saluti di distacco e saluti di unione, saluti formali e informali. Tutto questo è fantastico.
Poi Roma e il suo fascino anche solo dalla stazione termini, poi la città del rinascimento e poi Bulogna e i suoi turtlein.

Scendo e al primo incontro mia sorella. I miei genitori non sapevano nulla che sarei arrivata.
Attendevano lei, non me e invece quando entrai dalla porta secondaria mia madre restò pietrificata, mi sentii un po’ figlia di Forco e Ceto: Medusa.

Passato l’incantesimo mia madre tornò alla normalità e mio padre si svegliò dal torpore che il divano gli causa, ogni sera dopo cena esclamando con voce assonnata “che succede?” , poi, vabbeh,  il lato tenero lo tengo per me.

La settimana è volata,ma ho gustato ogni attimo.
Il mio paesino è sempre identico, resta intatto e mi piace ritrovare tutto dove è sempre stato.

Sono stata a mangiare nella tipica festa dell’Unità, che caratterizza questa regione, che non unisce più solo una fetta di pensiero politico, ma unisce tutta la comunità, si mangia il cibo delle nonne e lo si fa bene, chiaro che alle nove di sera, mentre io cenavo  il resto di tutta la sala era già nella stanza accanto a ballare il liscio e i balli di gruppo.

L’età media non era proprio alla mia portata, ma il cibo sì.



Il cibo più soddisfacente però è quello della mamma, quello lucano e emiliano insieme, quello della sua instancabilità, della sua energia e vitalità sempre presente, il suo mandare giù e andare avanti.
La sua costanza, la sua pazienza, il suo non lamentarsi mai, il suo amore smisurato per la sua famiglia è troppe cose che elencarle ci vorrebbe un libro intero.

Poi ci fu il primo incontro della settimana con una persona che non vedevo da sei anni, e mi ha fatto molto piacere poter gustare un caffè d’orzo insieme e raccontare cosa c’è stato nel mezzo.

Il secondo incontro con la mia storica amica e le sue bambine e pranzare con loro e raccontare cosa fanno le bimbe e cosa facevamo da piccole noi, sempre un piacere stare con lei e le mie nipoti, e vederle crescere e trovare sempre l’amica con la quale giocavo e con la quale ho vissuto tutte le varie fasi di infanzia adolescenza e fase adulta? Non credo che lo saremo mai adulte.

Il terzo incontro è stato con la futura sposa Joe, e le nostre mille chiacchiere che credo non si fermerebbero mai, una rosa di discorsi e parole che chissà da dove ci vengono e bisogna sempre stare attenti perché non  ne concludiamo uno, perché nel frattempo ce ne vengono sempre in mente altri, i racconti dettagliati, di vita, di sensazioni, di parole, di tutto tuttissimo, analizziamo ogni singola cosa e ci confrontiamo sempre su tutto, d’altra parte sarò la sua testimone il mese prossimo e ne sono davvero strafelice!

Alla sua prova d’abito, ha aspettato ci fossi anch’io e quando uscì da dietro la  tenda e pronta alla passerella, le ho canticchiato “i sogni son desideeeeriii” e l’ho filmata e fotografata. Effettivamente sapeva di principessa il tutto e lei raggiante e felice e a tratti commossa direi.
Poi altre mille chiacchiere incastrate e pranzo con la mia family e dinuovo nel tardo pomeriggio con Joe e il suo futuro maritino ^^ pizza, chiacchiere, parole parole parole parole parole ….

Il quarto incontro con un'altra amica/sorella , perché alla fine ho sceltro di incontrare la mia famiglia non carnale, ma la mia famiglia di viaggio.
Giapponetta aveva cucinato per tutta mattina perché mi aspettava, era a casa con suo marito Yoda e ogni volta che li vedo, non li sento sposati, ma poi mi ricordo di quando ho firmato al loro matrimonio due anni fa e allora me ne convinco.
Mangiato benissimo e mentre io e Yoda aspettavamo, e il loro carlino Odessa grugniva e scodinzolava per coccole e saluti, abbiamo composto un pezzo, lui al piano io alla voce e credo che sarà un successone! Lo riascolto e rido da matti, sono di quelle cose che si fanno così all’improvviso, senza pensarci troppo, senza chiederci, ma ti va di farlo? No, sono le cazzate che nascono così e basta e sono le sensazioni che ti fanno stare bene.
Gli ho donato un maneki-neko e loro un barattolino spray che spruzzato simula la cacca di cane.
Questi sono i veri amici.
Abbiamo finito il nostro tempo insieme giocando a Trivial Pursuit e chiaramente io ho perso. L’ignoranza mi avvolge in quei momenti.
Salutandoli con baci abbracci e baci e abbracci, certa di un nuovo entusiasmante incontro!

Il giorno seguente, dopo il pranzo preparato per la famiglia lavorante, un nuovo attesissimo incontro.
Aspettavo di vedere la nuova creatura: Gabriel il figlio della mia ex-insegnante, lei che è un punto fermissimo della mia esistenza.
Ero emozionata e quando mi han aperto la porta lui era lì in braccio a sua mamma e ha sorriso, un sorriso imparato nei suoi 7 mesi. Ci è voluto un pò di tempo prima di farsi prendere in braccio perché io ero la novità e lui lo era per me, ma, appena ho sollevato quel cucciolo di uomo, ero già impazzita. Ho giocato con lui e con sua mamma e abbiamo passato un pomeriggio tenerissimo, tra i suoi giochi, un buon gelato, una passeggiata nel parchetto verdissimo sotto casa.
Mi sento la zia che viene dal sud, anche se non sono nativa del sud,  che va a trovare i nipoti, che li coccola e li adora.
Già non vedo l’ora di spupazzarmelo dinuovo, di toccargli i piedi cubici e di sentire le sue orecchie di carta velina ^___^

Ora arrivando al sabato, il motivo maggiore del mio viaggio verso il nord. Addio al nubilato di Joe. Un addio al nubilato tutto diverso, solo io e lei.
Io e lei come sempre siamo state, un addio al suo essere single nella semplicità del nostro stare insieme.
I nostri posti, i ritardi e le infinite chiacchiere. Non ho mai trovato altre persone così piene di parole come con Joe. Discorsi che si accavallano, quali dire per prima? Cosa imparare? Cosa assimilare? Quale ha precedenza sull’altro? e poi ne ridiamo di tutto questo e ogni volta ci diciamo “ma com’è che ci siamo finite a parlare di questo??”
Le ho voluto fare alcuni regali che riprendessero una nostra passione, ovvero il mondo di Harry Potter e del riconoscere ogni volta il suo essere tremendamente geniale.
Le donai una bottiglia di Burro-Birra (fatta da me) dopo una sana abbuffata al sushi bar di Reggio Emilia. 
Poi seguì (sempre fatta da me su carta di pergamena) la “mappa del malandrino” e sulla mappa non c’era Hogwarts ma il nostro piccolo paese, con le foto dei nostri posti fissi applicate in piccole finestrelle coincidenti alla posizione esatta sulla cartina e Joe rimase visibilmente contenta.
Poi passammo al giro prepariamoci a capire la fase trucco del giorno del matrimonio, ed io in quanto sua futura testimone sono stata trascinata in un negozio di soli trucchi, che se fosse per me chiuderebbe prima di aprire. Mi sono accorta entrando in quel luogo di ragazze urlanti e con occhi pieni di stelline, che  la mia femminilità è direttamente proporzionale al sale nel caffè.
Dopo due ore, ma due ore di orologio, io uscita stremata e Joe carichissima, sia d’animo che di prodotti.
Poi finalmente la controparte, un salto in sala giochi, dove io do il meglio di me ahaha…
A seguire una cenetta con altre due sue amiche in una taverna in città, caratteristica, pietra a faccia vista in un piano sotterrato, come fosse una cantina, ma al posto delle botti, i tavoli.
Dopo un ottimo piatto di calamari grigliati, ci spostammo in piazza dove prendemmo posto intorno ad un tavolino all’aperto, ed è stato bellissimo poter ridere e scherzare circondati di vita, sembrava mezzogiorno da quanta gente c’era, e mi mancava questa vitalità cittadina.
Verso le 2 di notte venne l’ora dei saluti con le ragazze di città ed io e Joe finimmo la serata nel nostro parchetto, nel nostro paesino, quello dove ci fermavamo sempre a fumare l’ultima sigaretta, che poi diventavano due, tre perché le chiacchiere ci prendevano sempre. Stavolta però il rito fu fatto a metà perché io ho smesso di fumare da due anni, e ci siamo dette che recupereremo prima del matrimonio con il narghilè aromatizzato all’uva.
Penultimo pensierino, un Omamori originale per il matrimonio e infine come ultimo regalo, chiusura di occhi, e il “gira tempo” di Hermione, un oggetto che era nella sua lista dei desideri, era nelle sue mani.
Anche qui passammo ai saluti, baci abbracci e a prestissimo.

Prestissimo fu anche il suono della sveglia del mattino successivo,dove io e la mia famiglia partimmo all’alba per poter andare a trovare il mio fratellino che lavora in Svizzera e giù di viaggio di tre ore e mezza,  ma soccia se ne è valsa la pena, dopo non so quanto tempo finalmente abbiamo pranzato tutti e cinque insieme!
Posto carinissimo peccato rovinato un po’ dal maltempo ma l’effetto delle nuvole che inghiottivano i monti era strepitoso, poi il lago con i germani dentro, la pulizia delle strade, tutto molto caratteristico.
Mia mamma aveva preparato il pranzo da casa la sera prima, e mi chiedo perché le mamme e soprattutto quelle del sud, preparano quantità di cibo come se dovesse esserci una guerra imminente. Se hai la febbre “mangia che stai meglio” se hai l’umore un po’ già “mangia che ti tira su” se hai mal di gola “mangia qualcosa che ti passa”, insomma la salute e l’umore sono comandate da che tipo e quanto cibo ingerisci.
Però è bello essere coccolati cavoli quanto è bello e prezioso.

E dopo aver abbracciato mio fratello tanto alto quanto timido, toccato l’orecchio che ho martoriato da quando è nato, lo salutai e anche a lui lasciai un bel omamori per la fortuna, per augurargli tutto ciò che di positivo possa accadergli.

Rientrammo a casa e stremata mi concentrai a fare la valigia per il mio ritorno.
Un abbraccio alla mia famiglia e so che tanto il mese prossimo rivedrò tutto questo e sono piena di carica e gioia.

Rientrata davvero su di giri e grazie agli sbalzi di temperatura adesso ho da tre giorni la voce di Patty e Selma, sorelle di Marge Simpson.


sabato, aprile 21, 2012

UN SABATO ITALIANO

Oggi svegliata carica!
Ieri l'umore non è stato dei migliori, svegliarsi credendo che ci sia il sole e poi ccorgersi che è tutto in tonalità bianco e nero, catapultata tra gli anni '30 e '60, ma solo quelli che ci han fatto vedere in tv perché anche allora c'era il colore, ma ecco io, ieri, ero un televisore  anni '50 con tre tasti.

Riuscivo a fare solo 1 2 3.


Oggi invece spinta dal desiderio di dover comprare i regalini per le mie due nipotine e il mio nuovo nipote mi ha energizzato. Il pensare ai bambini mi riempie di gioia.

Non sono proprio nipoti "carnali" , quelli di sangue, del mio stesso albero genealogico, ma sono dell'opinione che se le mie amiche sono parte di me, che ho vissuto con loro momenti fondamentali, condiviso insieme le esperienze dall'infanzia al mondo adulto, beh, non sono mie sorelle?

Quindi la loro prole me la prendo e la faccio rientrare in quell'albero.

Ma poi come si fa a  non gioire di un cielo così?






venerdì, aprile 06, 2012

IL MIO NEKO

Ecco qui l'unica cosa che ho in casa che possa avvicinarsi ad una forma animale.
Arriva direttamente dal Giappone.
Fatto a mano dai monaci del tempio vicino casa del mio amico Giappi, che abita nella prefettura di Tochigi. L'ho posizionato nel mobiletto dell'ingresso e lì dovrà restare.
Mi sorge un dubbio sugli ideogrammi che ha stampati sulla monetina, ho cercato di tradurlo, e sembrerebbe Yukkuri  = Lentamente. Ma lentamente cosa?
Cosa vorrà dirmi?
Resterà un mistero fino a quando non conoscerò il Giapponese, nel frattempo caro mio Neko dagli occhi a U e dalle unghie colorate, se puoi portare un pò di fortuna, anche lentamente, mi sta bene.

giovedì, aprile 05, 2012

VARICEDDRE E VARE

Nomi che mi suonano strani sempre, non essendo di questa terra, fino a qualche anno fa non sapevo cosa volessero significare.
Le varicedde (variceddre in siciliano) sono gruppi di statue costruite artigianalmente che rappresentano le varie fasi dell'ultima parte della vita di Gesù Cristo.
Sono trainate sempre il giorno del mercoledì santo e portate in giro per il centro della città e ogni statua è capitanata da una banda che suona una melodia diversa dalla banda che segue un altra varicedda.
Il Giovedì santo girano le Vare, che sono le statue più grandi, pesantissime, che per trainarle ci vogliono diverse persone.
Un fiume di gente segue queste processioni che da anni,ogni anno, si ripetono con la stessa passione  portando avanti tradizioni che tutti i bambini conoscono e che a loro volta faranno conoscere ai loro figli.

Sono scene suggestive, la Sicilia trasmette questo mistero, queste credenze, sa ancora di antico, sa di culture miste, di influenze e la Pasqua è un momento sacro per tutto il paese, dove ogni realtà cerca di rappresentare questo periodo con tradizioni proprie del posto.

La loro storia comunque sarebbe molto più ampia, io la conosco così a grandi linee, ma ci sono ruoli ben prestabiliti per ogni giornata, per ogni azione.

Mentre tornavo a casa per pausa pranzo sentivo nel calduccio di queste giornate primaverili questo alone di festa, questa attesa.
Per strada erano già pronte le bancarelle di palloncini e dolci per deliziare e calmare le voglie e i lamenti dei bambini che, sicuramente, stasera e nei prossimi giorni si faranno sentire.


Erano pronti anche i signori della "semenza" con i loro sacchi colmi di noccioline, semi di girasole o di zucca , pistacchi e nocciole, bombe di calorie da sgranocchiare durante la processione, lentamente come l'andamento della stessa.

Erano pronti i venditori di "pane e panelle" che sistemavano le loro latte di olio e i panini vuoti in attesa di essere tagliati e riempiti di fritto.
 C'erano persone in piazza, che chiacchieravano del cosa sarebbe successo dopo i fuochi d'artificio e gente con strumenti musicali, che dopo le ultimissime prove tornavano a casa per pranzare con le loro famiglie.

Mentre passeggiavo non sono riuscita a fare molte foto, ma ero in compagnia di un movimento diverso dal solito, una città risvegliata e impaziente di assistere ancora una volta a musiche, suoni e odori tipici della Pasqua nissena.



mercoledì, marzo 28, 2012

CHI E' KARONT ?


Lui è mio.
Sì anche se suona strano, però è una mia creatura, l’ho formato dieci anni fa e puntualmente mi segue.
Segue le mie matite, le mie biro.
Quando sono a lavorare e ho tempo per qualche scarabocchio lui c’è.
L’ho chiamato Karont, con un vago riferimento a Caronte, il gondoliere della Divina Commedia di Dante.

Karont Natron che, in seguito, ho scoperto che il Natron è un elemento chimico.

Fatto sta che Karont non ha nulla a che fare né con le gondole e nemmeno con la chimica, ma con i succhia-sangue, non banchieri parlamentari o quant’altro, ma con i vampiri.

Un vampiro sì, prima che questi personaggi fossero stati manipolati da Stephenie Meyer  e commercializzati in ogni luogo, in ogni lago.


Karont parte prima vi lascia. 
Devo chiudere cassa, armi e bagagli e poi via a cenare!


Schioooooodarsi!

martedì, marzo 27, 2012

LA PRIMAVERA ARRIVA ANCHE COSI'


Inizio in piena primavera, la mia stagione, dove tutto risorge, dove ci si scrolla di dosso un pò di polvere, ci si sistema i capelli e le ossa sembrano meno rigide.
Con il sole caldo esco da lavoro venerdì 23 marzo, direzione Catania.
Un week-end nuovo, che spezza la routine, come la nuova primavera.

Nessuno sa cosa ci presenta il minuto successivo, quello dopo e quello dopo ancora.



Ci aspettavano in albergo Hiroharu e Hide.
Non sapevo bene chi erano, che viso avessero (se non in foto) che gesti gli appartenevano, ma ero andata per scoprirlo.
Hiro è un amico di facebook, strano dire amico di facebook, ai miei tempi si diceva “amici di penna”.
Arrivata all’albergo loro erano in stanza e bussai.
Mi aprì Hiro e dopo esserci salutati con un sonoro “ciao” ci abbracciammo, non pensavo che i giapponesi fossero così propensi, come noi italiani, al contatto fisico.
Dietro di lui c’era Hide, che non sapeva una parola di italiano e nemmeno di inglese, che con la mano salutava e faceva piccoli inchini mentre l’altra mano era impegnata, perché aveva una conversazione con sua madre al telefonino.
Eravamo lì in piedi davanti a noi e Hiro subito ci diede un regalino, come di benvenuto, un pensierino tutto giapponese, molto manga.
Hide nel frattempo finì la sua conversazione e mi consegnò dei fogli con lo shodo che aveva preparato per me qualche sera prima.Stupendi, felicissima, corsi nella mia stanza a prendere i regali che avevo preparato per loro e scartandoli ci fu una continua ovazione.
Tutto ciò che a loro piace è seguito da un “UOOOO” e mi riempì di gioia vedere che il libro illustrato che gli avevo regalato era pieno di UOO, così come Hide che mi ringraziò per il suo regalo.

Era l’ora di cena e andammo in una trattoria tipica di Catania a mangiare pesce perché Hide ne aveva voglia e accontentammo la richiesta.
Mangiarono tutto con gusto, durante la cena su un taccuino facemmo scrivere nomi in kanji e li vedevamo concentrati nella scelta giusta degli ideogrammi.
Io feci vedere i miei miseri hiragana e loro mi applaudivano, ma mica c’è molto da applaudire pensai, dato che sapere gli hiragana è solo un micro passo dal sapere la loro lingua, però mi fecero contenta.
Dopo un giro in centro, piazza università, l’elefante simbolo di Catania, la cattedrale di Sant’Agata, qualche racconto di Catania e un selz mandarinetto per Hiro ed uno alla fragola per Hide, si fece notte e andammo a dormire per prepararci al giorno seguente.

Sabato mattina, colazione in albergo insieme e poi in auto verso Siracusa / Ortigia .
Io non c’ero mai stata e contenta di scoprire con loro cose nuove.
Visitammo i resti archeologici con il famoso teatro greco dove ogni estate vengono rappresentate magicamente le tragedie greche senza l’utilizzo di amplificatori, perché i greci erano avanti coi tempi, calcolarono tutto per un acustica perfetta.

Foto foto foto risate e UOOO.






Fotografai due ramarri bellissimi ( io adoro scovare mostriciattoli liberi di stare nel loro habitat).
Ci fu anche un pò di Giappone in questo luogo, dissi sorridendo, una piccola piantagione di bambù e un mandorlo in fiore!

Ci divertimmo a fare l’eco nell’orecchio di Dionisio, regalai ad ognuno una collanina, fatte con la lava dell’Etna, il monte Fuji italiano.

Un giro ad Ortigia, le bancarelle di “semenza”, la piazza bianca, il mare, l’oca che sosta nel parchetto, le arancine.

Finita la gita dovevamo rientrare in albergo.
Ci aspettava il concerto di Giorgia ad Acireale.
La mia cantante preferita l’avrei rivista, riascoltata e avrei portato anche un po’ di Giappone nella mia passione che volevo di più?
Il di più arrivò.

Da premettere che venerdì in pausa pranzo, mentre preparavo le valigie, preparai anche uno striscione da tirar fuori durante il concerto sul quale c’era scritto: “from Japan for you, please a photo with you! ”.

Arrivati nel parterre ci sedemmo, poi una volta iniziato il concerto era difficile restare sulle sedie.
 Hiro e Hide ascoltavano e guardavano felici ed io contenta che gli piaceva tutto questo.
 Il fato volle che prima che Giorgia finisse il concerto per tutta una serie di cose, difficili da spiegare qui, ci vorrebbe la mimica, finalmente si accorge di noi con il nostro cartellone, del nostro baccano e mentre parlava al microfono lesse il cartellone e disse: ”ma dal Giappone ppè davero?” , noi ci fiondammo sotto al palco in un nanosecondo e riuscimmo ad avere oltre che l’attenzione di Giorgia (che interruppe per noi il concerto) anche quello di tutto il palazzetto, riuscimmo a toccarla, fare fotografia e ringraziarla.

Rimasi stordita, incredula, elettrizzata e incredibilmente felice di tutto questo insieme di cose che capitano troppo raramente.

Per tutta sera a parlare di questa cosa, andare a cenare con i fantastici pizzoli  e raccontare altre cose sull’Italia, sui siciliani, sui giapponesi, su usanze, feste e modi di dire.

Altri amici si univano al gruppo altre domande, altre curiosità si sommavano a quelle già fatte.

Ultimo giorno dei nostri nuovi amici Giapponesi a Taormina.
 Taeatro greco, stradine medievali, chiese, foto foto foto UOO UOO.
Hide aveva imparato Grazie – Ciao – Pancia piena – Buono – Ho capito.
Il must era scherzare con lui su una onomatopea giapponese, abeshi! 
Hiro toccava Hide e Hide faceva finta di esplodere, esclamandola ogni volta e noi ridevamo un casino.

Regalai un mio disegno ad ognuno che scelsero dalla moleskine che porto sempre con me.
Mangiammo la famosa granita che solo qui in Sicilia esiste fatta così. Poi un'altra nel tardo pomeriggio.
Ultima tappa i faraglioni di Acitrezza e poi diretti a Catania mentre in auto Hiro raccontava, sotto nostre mille domande, che il cognome dei figli in Giappone non è solo del padre, ma può essere anche della madre.

Arrivammo alle 20 in stazione a Catania e arrivò il momento del saluto.
Tanti abbracci, tante volte ciao, grazie, a presto, ci sentiamo, e Hide, con la sua infinita tenerezza e a volte imbarazzo rispetto a Hiro,  mi prese le mani giunte nelle sue e mi salutò con l’inchino che io ricambiai con naturalezza.

La mia primavera è iniziata nel migliore dei modi.
Non avevo aspettative e ho preso tutto come capitava, era già scritto? non lo so.
Adoro la semplicità, adoro piccoli gesti, poche parole.
Adoro momenti indimenticabili creati da situazioni che per molti possono non sembrare per nulla importanti o particolari, c’è chi per star bene deve sballarsi o fare scorrettezze, per me lo sballo è una carezza, un inchino timido di Hide, Giorgia che mi ringrazia, i miei amici che mi stanno vicini, le risate senza senso e miliardi di altre  sensazioni così dettate solo dal caso in piena naturalezza.
Arigatou.